25 APRILE 2022 – COMMEMORAZIONE ALLA CRIPTA DEI MARTIRI DELLA BENEDICTA

per ANPI Serravalle

PUBBLICHIAMO LA PROLUSIONE DEL PROF. ENNIO MORGAVI IN CHIUSURA DELLA CERIMONIA PER IL 77° ANNIVERSARIO DELLA FESTA DELLA LIBERAZIONE

25 APRILE 2022

COMMEMORAZIONE CONIUGI GUARESCHI

Prolusione del prof. Ennio Morgavi

 

La primavera pareva non arrivare mai.

L’inverno del ’44 – ’45 fu freddo e feroce: l’erba dura di ghiaccio, i morti abbandonati nelle piazze, gli alberi nelle città e nei giardini scapitozzati e tagliati per riscaldare un poco abitazione e rifugi.

A novembre il proclama del maresciallo Alexander invitava i partigiani a sospendere le attività e segnalava la difficoltà dei rifornimenti di armi, viveri e indumenti, scatenando la controffensiva dei nazifascisti.

Molti mesi erano passati da quel l’8 settembre 1943 quando, annunciato per radio l’armistizio con gli anglo americani, il maresciallo Badoglio lasciò l’esercito senza chiari ordini e abbandonò la stessa capitale assieme con il governo e i reali.

Era la morte della patria.

Furono prime le donne a iniziare la resistenza assistendo gli sbandati, fornendo loro abiti civili, nascondendoli alla ferocia tedesca.

Le donne per prime, a Napoli, spinsero alla rivolta contro i rastrellamenti e in quattro gloriose giornate la città si liberò.

A Roma, a porta San Paolo, fu spontanea la resistenza, ma dura e valorosa, con l’apporto di militari e civili.

Ma veniamo a noi: a Serravalle, come attesta il professor Giacinto Guareschi primo sindaco dopo la liberazione e padre di Marco, un soldatino meridionale di guardia al ponte della direttissima rifiutò la resa e fu falciato dalla mitraglia tedesca. Per ore fu impedito agli abitanti di accostarsi al corpo e ricomporlo pietosamente.

Di fronte a questo sacrario (la cripta dei Martiri della Benendicta nel cimitero vecchio di Serravalle n.d.r.) ricordiamo il nome di questo primo resistente a Serravalle: geniere Salvatore De Vincenzi.

A Valona, in Albania, il tenente Renato Gatti di Novi, catturato con il suo reggimento dei tedeschi, sarà liberato dai partigiani e si unirà a loro nella lotta, alla fine della guerra tornerà in Italia portando in salvo, sotto gli indumenti, il tricolore del suo reparto.

A Santa Maura Lefkada (isola greca) il sergente Morgavi vedrà immediatamente fucilato dai tedeschi il suo corregionale, il colonnello Ottalevi di La Spezia.

Il caporale Squadrelli di Sardigliano, catturato e inviato al campo di concentramento di Meppen racconterà, in un minuscolo diario scritto con un mozzicone di lapis, il suo rifiuto assoluto a collaborare con i nazisti.

Furono 600.000 i no dell’IMI (Internati Militari Italiani n.d.r.) che scelsero i campi di concentramento, il lavoro coatto, la fame, le marce della morte.

600.000 NO, 35.000 morti.

Come non ricordare l’eroica resistenza della divisione Acqui a Cefalonia e le barbare stragi, dopo la resa, effettuate dalla Wermacht.

Ad Argostoli (Cefalonia), davanti alla fossa, il soldato Giuseppe Ansaldi di Novi mi raccontò come, di fronte al plotone di esecuzione, fu salvato da un maresciallo tedesco che contò dieci uomini per raccogliere le armi dei caduti. Ansaldi era al quinto.

Intanto in Italia molti prendono le vie dei Monti: prima giovani renitenti, come li chiama Rinaldo Dellepiane (nome di battaglia Cinque) di Arquata, poi resistenti.

Sono giovani, studenti, operai, militari, contadini, preti come don Berto, in montagna con i partigiani.

Nella Pasqua di sangue alla Benedicta, il primo grande eccidio: trucidati o inviati nel lager di Mauthausen a morire nella famigerata scalinata della morte o come Marco Guareschi, figlio di Gemma e Giacinto, perito nel sottocampo di Gusen.

Intanto la resistenza si stava riorganizzando sostenuta dai lanci aerei degli alleati.

Fu un fenomeno europeo questa lotta per la libertà, quanti furono gli stranieri che “scelsero il fuoco”, come li chiama Eluard, combattendo in tutti i paesi sotto il giogo nazifascista, come il russo Fedor Poletaev, caduto in Val Borbera.

Oltre alle divisioni che operavano sui monti, tra Genova e il Po, a Serravalle e in pianura erano attive le SAP (Squadre d’Azione Patriottica n.d.r.) guidate dal tenente Angelo Piacentino e dal partigiano Mario Molinari.

Abbiamo anche notizie di un tentativo di sciopero dei panificatori serravallesi per non fornire il pane ai tedeschi, delle guardie comunali che avvertivano i contadini di nascondere mucche e vitelli prima delle requisizioni, dello Zino che forniva documenti falsi ai sappisti, della Rina Cartasegna che avvisò e salvò la famiglia ebraica Dadone.

Fu lotta dura lotta, anche di popolo, che non fu soltanto “zona grigia”.

All’arrivo della primavera 1945, mentre gli alleati sfondavano la Linea Gotica, le città italiane del Nord si liberarono da sole, riscattando l’obbrobrio della guerra di aggressione fascista.

Anche qui fu lotta dura, Serravalle fu liberata tra il 26 e il 27 Aprile dopo combattimenti e trattative con i nazifascisti.

In Italia i tedeschi firmarono la resa il 29 Aprile, resa che fù operativa dal 2 maggio 1945.

Nella canzone Bella Ciao si parla del fiore del partigiano morto per la libertà, Io credo che dalla Resistenza nascano due fiori: quello della Libertà e quello della Pace.

Il 9 maggio 1950 i popoli che si erano combattuti in due guerre mondiali, i tedeschi, I francesi e gli italiani accettarono di mettere in comune nella CECA (Comunità Europea Carbone Acciaio) l’acciaio con cui si fabbricano le armi.

Il 9 maggio è la festa dell’Europa e della Pace che l’Europa ha garantito sino ad oggi.

Il 25 Aprile è la festa della Libertà da cui nasce l’Europa.

Non c’è Pace senza Libertà

Ennio Morgavi

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