«Non siamo mai stati così liberi come sotto l’occupazione tedesca. Avevamo perduto ogni diritto e prima di tutto quello di parlare; ci insultavano apertamente, ogni giorno, e dovevamo tacere; ci deportavano in massa, come lavoratori, come ebrei, come prigionieri politici; ovunque – sui muri, sui giornali, sugli schermi – ritrovavamo l’immagine immonda e insulsa che i nostri oppressori volevano darci di noi stessi: ma proprio per questo eravamo liberi. Il veleno nazista si insinuava nel profondo dei nostri pensieri e quindi ogni pensiero giusto era una conquista; una polizia onnipotente cercava di costringerci al silenzio e quindi ogni parola diventava preziosa come una dichiarazione di principio; eravamo braccati e quindi in ogni nostro gesto gravava il peso dell’impegno. Le circostanze spesso atroci della nostra lotta ci rendevano finalmente in grado di vivere, senza trucchi e senza veli, questa situazione straziante, insostenibile che chiamiamo la condizione umana».
Jean-Paul Sartre, romanziere, drammaturgo, filosofo e critico letterario francese, è stato fra i pensatori più significativi del Novecento e rappresentante dell’esistenzialismo.
Compì i suoi studi all’École normale supérieure di Parigi (dove conobbe Simone de Beauvoir, compagna di una vita); subito dopo l’università insegnò filosofia nei licei a Le Havre e a Parigi.
Nel 1939 fu chiamato alle armi e fu fatto prigioniero dai tedeschi. Quando venne liberato nel 1941 tornò a Parigi e partecipò alla Resistenza.
Fondò la rivista «Les temps modernes» attraverso cui diffuse le sue idee politiche e letterarie divenendo un’icona della gioventù ribelle e anticonformista del dopoguerra.
Critico verso il gaullismo come verso lo stalinismo, si avvicinò alle posizioni della sinistra marxista attirando sia le critiche dei comunisti sia quelle degli anticomunisti arrivando a una clamorosa rottura con Albert Camus. Intervenne in difesa dell’Indocina, contro la repressione sovietica in Ungheria, a sostegno della libertà algerina, contro i crimini di guerra statunitensi nel Vietnam (con Bertrand Russell, fondò l’organizzazione per i diritti umani denominata Tribunale Russell-Sartre) e contro l’invasione della Cecoslovacchia.
Nel 1964 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura, che però rifiutò, motivando il rifiuto col fatto che un reale giudizio su un letterato può essere dato solo postumo e non in vita.